391 presidio allo Stato, e armavano a proprie spese una nave, con proprio equipaggio, ottenendo solo dal governo 14 cannoni. La squadra ordinata pelle risoluzioni del 24 maggio del Senato, mercè le sollecite provvisioni del magistrato all’ armar e dei patroni all’ arsenale, era già pronta pei 10 di giugno. Giungevano intanto notizie dal Cousole a Tripoli, che a quel bazar si vendevano le spoglie dei sudditi veneti, e le bandiere e le fiammole dei legni predati, e che uno sciam-becco corsaro entrato in quel porto spiegava il vessillo di S. Marco rovescio sotto lo sperone, facendo spari di cannone, in dispregio di quello, in vista del porto e degli esteri bastimenti là ancorati. Tali fatti avevano determinato per intanto il console a non spiegare più la propria bandiera, che veniva così crudelmente vilipesa. A Venezia intanto si continuavano i preparativi per la partenza della spedizione. Alla squadra destinatagli delle quattro fregate, il capitano delle navi chiedeva il sussidio di qualche altro legno minore, che fosse più facile e più pronto ai movimenti.