428 Venezia 7 giugno 1872. « Dovrai proprio couvenii'e che qui in questa nostra Venezia se ne fa ogni giorno una più marchiana deli’altra. Non è bastato lo sfregio, al buon gusto, all’ arte, della famosa rampa e delle gradinate alla romana, che ora si è voluto por mauo con una spensieratezza, e con una noncuranza inconcepibile su uno dei monumenti più cospicui del Molo, vo’ dire della Zecca. Io, quantunque mi confessi digiuno affatto di cognizioni artistiche, t’assicuro che alla vista di quella manomissione ho provato un tal senso di disgusto e di dolore, che non volevo nemmeno credere ai miei occhi. Se per la comodità del commercio, trasportando la Borsa nella fabbrica del Sansovino, si doveva venire al risultato di levare capricciosamente le inferriate dai vani, avrei preferito, che la Borsa restasse ove al presente si trova. Lascio da parte la questione artistica, ma del resto io dico, che il fare modificazioni con tanta indifferenza, e come fosse la cosa più naturale del mondo su monumenti celeberrimi, per chi li eresse, e per le memorie