insieme uno dei po'euti incentivi che condussero a quel cumulo di debolezze che disonorarono la fine di Venezia. — Il Con-dulmer poi da sua parte riferiva che nemmeno di un quarto d’ ora si poteva ritardare l’ingresso dei francesi nell’estuario, e Nicolò Morosini, che comandava la difesa della città, osava dipingere gli affezionati Schia-voni, come gente indisciplinata ed inutile ad alcuna difesa. Sopra settanta navigli furono imbarcate le truppe per la Dalmazia, e il Provveditore delle lagune e lidi Zusto, vedendo ormai che la sua carica era diventata irrisoria, addi 10 maggio si dimise, e sciolse 1’ ufficio, nè vi fu modo di ricondurlo alle proprie incombenze. — La Repubblica di già agonizzante, attendeva il colpo di grazia. Pietro Zorzi, caffettiere in campo della Guerra, come narra un contemporaneo, si assunse di spaventare ancor più il doge se fosse stato possibile. Col mezzo di Nicolò Morosini, potè avere accesso alle stanze di lui mentre dormiva, e intimògli a nome dei famosi 15 mila congiurati, di ordinare al Maggior Consiglio di sciogliersi, di deporre le insegne ducali, e di