L. RAVA - II, CONTE MARSIGLI E IL CAFFÈ 373 diventi molto nera, ma piuttosto lionata oscura. Meglio riesce arrostirlo nel forno: avvertendo che se il seme restasse arido e molto abbruciato non vale a cosa alcuna. Così ben pesto, e ridotto in minutissima polvere fina, sisetaccia. Si prende poi un vaso stagnato di rame, ovvero un cucumo di terra invetriato, dentro del quale si mette per esempio una foglietta d’acqua, che si fa vollire, e poi dentro questa acqua bollente si gettano due cucchiaiate ordinarie, cioè un’oncia in dieci d’acqua della polvere, e per un altro quarto d’ora si lascia bollire, avvertendo sopratutto che la schiuma non esca fuori nel bollire, perchè quella è la sostanza migliore del caffè; se bene Antonio de Scobbis nel suo Teatro farmaceutico inette in venti libbre d’acqua una e mezza di caffè, ma sino alla consumazione dell’acqua che riesce il medesimo. Dopo bollito si tirerà il vaso indietro, lasciandolo riposare così per lo spazio di un Credo, facendo intanto un poco di posa la polvere nel fondo, come farà anco nella scodella, la quale polvere nelle officine si rimette in un altro vaso ricuocendola : e poi di quell’acqua così colorita o ben colata si servono per rifare il giorno seguente il decotto con infondervi manco polvere per esser l’acqua carica della medesima polvere già posata e levata via. Questo seme di natura sua è caldo e secco. Riscalda lo stomaco, aiuta la digestione prendendosi due ore dopo il cibo, giova contro il catarro, e mirabilmente conforta la testa, scaccia il sonno e dà forza per resistere alle vigilie degli studenti, e reprime anche i moti del senso venereo ed è favorevole a mantener l’uomo casto. Giova più l’inverno che l’estate, ed è più efficace prenderlo senza la scorza. In Inghilterra si è sperimentato assai giovevole contro l’idropfìa e la podagra, onde ragionevolmente scrisse Andrea Belluense « cuius vires depredicat Alpinus ad arcendam putredinem,, ad cor recreandum, ad ca-pitis dolores, et ad virium recreationem ». Dalle foglie si cava una acqua stellata, la quale giova agli affetti del cuore, ed anco infusa con mandorle se ne cava l’olio. Di esso decotto parla Gianni Behino nell’istoria delle piante (lib. 8, cap. 21). Tutti avvertiscono di non intorbidirlo; ma lasciar che facci la posa nel fondo. Avanti di berlo nella scodella vi si mette del zucchero, più o meno, secondo il gusto di chi lo beve. Vi si possono mettere tre o quattro garofani per odore nel bollire, ovvero dei semi di card amono, che sarà più stomacale e conforterà la testa. Ma