334 Libro Secóndo. Ste estremità furono giustamente d’incredibile molestia non solo alla Città, ma alla nazione intiera ; 605) Si querelò altamente il Doge con sua Santità di questi petulantissimi modi procurati dal Vescovo . E non solamente mise sotto gli occhi i meriti dei Veneti verso la S. Sede , ma la grandé infamia con cui era concepita quella citazione , carpita eziandio per false informazioni. Fu scritto ancora al Cardinal Àlbanense, pregandolo a tener modo che l’editto fosse sospeso , e le differenze amichevolmente si concordassero. 606) Portossi un’altra volta spontaneo il Padre al Vescovo suo figliuolo, e nella licenza che ottenne , el si fece largamente intendere, che landav* a far doi beni e per far bene . A cotali significazioni gli fu risposto che l’andasse in suo piacere . Successivamente il Vescovo scrisse allaRep. lettere le quali contenevano buone parole > come pure il Bonincontro e Napolione, che il Foscari era stato da essi dimostrando buona intenzione. Ma col fatto vedevasi tutto all’ opposito, anzi il R,:'no Mo-rinense aveva pure scritto essersi altramente proceduto da quello che esprimevano le parole. Tutto ciò fu significato per lettere del Principe a Giovanni Foscari, soggiungendosi , che era manifesta, la causa di tal errore. Per ciò il Pregadi e Zonta gli comandarono, che dovesse talmente operare , che l’editto non procedesse , altrimenti procedereb-besi contro esso in guisa che sarebbe sempre esempio a tutti gli altri. Scrissero pure al Pontefice , che essendo la causa commessa al R.:mo Àlbanense legato in Italia e fratello di sua Santità , gli sarebbe mandato un Commessi? per concluder questa