142 Libro Secondo. tante numero procede da Varrochì, che appropriano non al Prelato, ma a se l’espressione di esso Breve, cioè della Bolla di Sisto V, del 1590 j che concede 1’ Ordinazioni tìtulo servitutis j De consentii Re ci or is ; indebito arbitrio , che in vero esige pronto compenso. V autorità dunque del Principe medesimo interpreta , che Rettore si prende per lo Prelato stesso di una Chiesa. Anzi se qualche Vescovo o privo di Sede, o in partibus, in aliena diocesi governava una Chiesa, dicevasi Rettore di quella. Così in una Carta del 998 , nel Codice Trevisaneo, pag.9Z> si legge: Ego Dominicus Gr auso Universalis Episcopus Re fior Ecclesia S. Titiani Cenetensis Ecclesia. In altro esemplare del detto Codice par che si legga non Universalis, mà Venerabili s , come pure lesse il Coletti nell’Ughelli V , 179. Se questa è la vera lezione, converrà dire, che Grausone conosciuto da quel solo Stromento di locazione, fosse Rettore di S. Tiziano perchè forse unita alla sua mensa episcopale. Ad ogni modo però Rettore egli s’appellava. 322) Con altro titolo i Capi delle nostre Chiese dicevansi Vicarii. Consta dall’ Ecclesiastica Storia, e da quelli che trattarono delle materie di Canone e Disciplina, che un tempo iVescovi per se stessi reggevano le Chiese, ovvero mandavano nelle ville e luoghi più lontani Corevescovi, Preti o Diaconi che a nome loro le reggessero , a’ quali somministravano congruo sostentamento. Cotali Rettori erano patriamente Vicarii, perchè tenevano quelle Chiese nomine alieno . Istituirono successivamente i Vescovi delle Chiese plebane , c talvolta volevapo ritenerle per se, come il nostro