Capo ro, di fare la Pasqua in altra Parroc so S. Carlo Borromeo aveva a quest ro. E il B. Lorenzo Giustiniani nella ì, le antiche Costituzioni da lui fatta, esu ai Gesuati, permette Tresbyteris parocbia.li ceder a’parrocchiani tra l’anno di comunicv trove , ma in Pasqua vuole che si ottenga cenza dal Piovano. Non pare che una legge > da un Concilio Ecumenico in favor dell’ ordine Pa rocchiale potesse sottostar all’autorità de’Vescovi c Sinodi particolari , giacché per la Legge Inferior non potefl dispensare in lege Superioris . Checché ne sia, 1’ effetto riuscì malamente , e il Borromeo dovette ritirar quella sua permissione , esigendo una licenza e dell’ Ordinario e del Parroco in i-scritfo. Dall’inibizione fatta a’suoi Vicarj dalMa-lipiero sembra, che ancora fra noi al principio del Sec. XV il Vescovo concedesse corale licenza, benché con grandissima parsimonia, e riconosciuta personalmente la causa. Se tra noi vi fosse una per- f.issione Sinodale accompagnata dal consenso del relato, e dalla facoltà in iscritto del Proprio Sacerdote , potrebbersi con connivenza tollerare* simili licenze : ma tutto questo mancando ella è ben deplorabile la sfrenata libertà che usano alcuni Par-rochi di permettere quasi indifferentemente a chiunque la richiede la permissione di far altrove, come dicono, la Pasqua ; facoltà che essi non hanno , e che in tutto rovina l’Ecclesiastica disciplina. Il Correr nel Sin. 1741 , pag. 45, richiede 1" espressa licenza del Prelato o Parroco, perchè possa farsi la Pasqua nella Cattedrale : nè tuttavia poteva egli rigorosamente ciò fare . Ma qui forse ♦