C A p d VII. 177 questo titolo, se in vece dell’autorità considerato si fosse l’offizio. Il Dittatore Romano , ima-gine di cui abbiamo scritto il Doge , creavasi un Maestro di Cavalieri, secondo Livio. Era questi nell’ autorità e impero inferior al Dittatore , su-perior a tutti gli altri . Vollero dunque i nostri Maggiori diminuir alquanto l’autorità del loro Capo , creandone uno , il quale dal nome suo stesso intendesse, che non risiedeva più in lui la pienezza della Sovranità , e quanta eravene nel Dittatore o Doge . Così insensibilmente si gettarono i semi d’un Governo Repubblicano, i Veneti non la risparmiarono a se stessi per conservarsi liberi , e trasfusero in se medesimi l’indole del Governo Romano, a cui erano avvezzi. 193) La brevità dell’annuo governo non rese abbastanza utili i Maestri de’Cavalieri : si pensò di ritornare alla Duca! Dignità , ma temperarla, poi successivamente con quei gradi di autorevole potenza , che le Storie e il Sandi ampiamente descrivono. Sempre però il Doge fu un Capo tra Veneti, che rappresentò la maestà del popolo Ve-' netico, e conseguentemente i titoli a lui dati sono del Comune o della Republ. Ora noi vediamo, che fino dai più rimoti tempi e titoli e transazioni s’incontra.no, , che nella Veneta Nazione provano una sovrana indipendente Maestà. 194) Il titolo di Re e Regno nulla più lignificava un tempo , se non autorità , sovrano. E’ quella una volgarizzazione del greco vocabolo Basileus , nome che dassi ancora agli Imperatori stessi. Quindi leggiamo, che il Re Janus, o Gianu-sio o Giovanni aveva il dominio dìPadoaai tem~ Tom. I. M ni