73 Appianata la questione dei diritti spettanti alla sua mensa, Biagio volse l’animo al suo clero per mondarlo, se fosse stato bisogno, da quei germi di corruzione onde a’ suoi tempi era in qualche parte funestato il sacerdozio cattolico. Trovò in fatti che, sia per avidità di lucro o sia piuttosto per bisogni ingenerati da una amministrazione poco savia, i monaci e l’abate di S. Giorgio avevano incominciato a depauperare il patrimonio sì del tempio che del monastero alienandone e ipotecando i beni ed i paramenti sacri. E parendo che in cosifatto abuso si fosse andato tanto oltre eh’ ogni più blando ammonimento sarebbe riuscito vano a correggerlo, Biagio fece appello al sussidio delle autorità civili. Mentre adunque queste giovandosi dei propri mezzi vietavano severamente l’acquisto di beni o il credito pecuniario sopra fondi stabili o arredi ecclesiastici verso i monaci e l’abate di S. Giorgio, pena la perdita del prezzo contribuito, il vescovo minacciò da parte sua di scomunica tutti coloro che a questa legge fossero contravvenuti (1228). Intanto i Bocchesi andavano ritraendo non pochi vantaggi dal commercio d’oltremare, che avevano spinto fin anche nelle regioni mediterranee dell’ Asia minore. Tra i più fortunati di quest’ epoca in tali imprese, la storia ricorda Matteo Bonascio. ' Ed ecco ciò che più lo rese benemerito della patria e ne perpetuò la memoria. Visitate avendo per ragioni di commercio la Macedonia e la Misia superiore, Matteo pertossi a Costantinopoli, ove stretta amicizia con un vecchio Monaco, volle fermarsi più a lungo, non dimenticando nella ressa delle sue speculazioni anche le cose di religione. Vedendo quindi di quanto poteva quel monaco tornargli 1 In altro documento riferibile a questo fatto leggesi Matteo Bovali. Parlati \. nota 4 p. 438 e docum. ibid. p. 439. 6