72 il suo veto a questa legge, ma 11011 perciò essa restò lettera morta, che anzi fu gelosamente osservata e con indefesse premure messa in attività, come del pari si invigilò affinchè nè il conte nè i giudici nè il notaro avessero mai ad ingerirsi negli affari del clero e del vescovo. ' Altrettanto estesa era la linea di azione del vescovo di Budua. Quivi chi 2 avesse voluto domandare ragione ad un chierico non poteva farlo „se non auauti il vescouo e auanti li suoi vicarii, et la sentenza deve esser scrita per mano de Notaro de la terra et sigilata con il sigillo dei vescouo.“ Dallo stesso Capitolo poi apprendiamo che a quel vescovo spettava giudicare „heretici, religiosi, usurarii di usura, de dote se fosse parzogna fra moglie e marito.“ — Anche Biagio successo a Sergio nell’ episcopato di Cattaro, ebbe a sostenere una lieve controversia col rettore e questa volta a motivo dei proventi, che dovevano derivare al vescovo dal commercio marittimo della città. Opponeva il rettore essere tenute ai diritti della mensa vescovile unicamente le navi di maggior portata, mentre le minori ne dovevano andare esonerate. Biagio portò lagnanze al Consiglio Maggiore, al quale di fatti 11011 occorse troppo per capacitare il rettore del contrario, imperocché citati in giudizio alcuni padroni (1222) questi depositarono a favore del vescovo. Da quel tempo quindi restò fermo e statuito per legge che ogni bastimento avrebbe pagato al vescovo il diritto d’alboraggio in ragione di mezzo moggio di grano per albero. 1 Stat. p. 240 (c. 420). 2 Leggi ed usanze di Budua — Ms. cart. in 4.° sec. XVII. (it cc. 11. n. 37) nella Marciana di Venezia (. i. 22. Valentinelli Bihliogr. Dalmata dai codici della M.)