LA VENEZIA GIULIA filosofico. Nel ’400 l’Istria aveva dato all’umanesimo italiano l’originale intelletto di Pier Paolo Vergerio il vecchio: Trieste, a principio del ’500 si gloriava di coltissimi poeti latini: Raffaele Zovenzoni, Pietro Bonomo, Andrea Rapicio. Prima che il rinascimento sia compiuto, splenderanno in Istria i nomi, non mediocri nel pensiero italiano, del secondo Vergerio, di Francesco Patrizi, di Matteo Fiacco, di Girolamo Muzio. Intanto la civiltà italiana in veste veneta sempre più guadagna terreno anche nell’ interno quando la chiusa vita dei paesi alpestri comincia ad aprirsi a qualche bisogno civile. I conti di Gorizia, i signori di Duino i castellani del Carso si sono a poco a poco italianizzati di costume oltre che di lingua. Piante straniere importate in un clima che non è il loro, hanno dovuto trasformarsi per vivere. Nel settecento la civiltà italiana, l’uso della lingua italiana come dell’ unica lingua adatta ai bisogni della coltura si è propagata naturalmente nell’ interno, sino a Lubiana. È il clima storico, la natura italiana del suolo che spiega anche l’altro miracolo a cui noi dobbiamo oggi la intatta italianità di Trieste. Quando nel 1719 Carlo VI - sull’esempio di Livorno, di Genova, di Venezia - dichiarò porto franco Trieste, il nucleo italiano dell’antica città era di poche migliaia di abitanti, chiusi nel borgo murato : per effetto di quel provvedimento, migliorato da Maria Teresa, ma assai più per la decadenza mercantile di Venezia che lasciava posto ad un nuovo centro commerciale sull’alto Adriatico, si formò rapidamente fuori delle mura una nuova città di fondaci e di stranieri. Tra questi nuovi venuti molti erano di sangue italiano, di altre parti dell’Adriatico veneziano, ma molti dovevano essere stranieri. Eppure la loro mescolanza dà vita a una nuova città che è italiana — 22 —