L’EQUILIBRIO ITALIANO DELL’ADRIATICO non potevano certo contrapporre al tradizionale germanesimo dell’ Impero una tradizione nazionale che lo equivalesse come valore civile; non avevano da contrapporre che una lingua a una lingua. Ma il contenuto ideale di queste loro lingue era in gran parte da farsi ; molto era stato fatto traducendo pensiero, abitudine, mente tedesca. Si capisce come per parecchio tempo il governo austriaco nella questione delle lingue non abbia veduto niente più che una questione fonetica: affermazione di particolari linguaggi locali che rispetto alla universale lingua tedesca rimanevano poco più che dialetti. L’assioma che la lingua fa il popolo poteva essere interpretato con molte limitazioni. Le nazionalità che pretendevano di parlare ufficialmente codesti idiomi, che per l’addietro erano stati parlati, e solo dalle classi inferiori, in privato, sembravano, com’erano infatti, dei sottopopoli d’altra lingua ma colonizzati dalla civiltà superiore della nazione - l’unica - germanica. Volevano tradurre in sloveno, in slavone, in croato, in serbo la civiltà germanica, adattandola magari a certe loro particolarità locali? Facessero pure, visto che oramai era troppo difficile impedirlo. Vuol dire che la colonizzazione germanica operata dall’Austria non sarebbe stata più colonizzazione linguistica diretta ma indiretta: accanto alla lingua di stato ogni austriaco avrebbe potuto adoperare anche la sua lingua particolare, ma non perciò sarebbe uscito dalla sfera generale della colonizzazione germanica; anzi egli stesso sarebbe stato un istrumento di pene-trazione reale austriaca e ideale germanica dove il germanesimo aperto della lingua non avrebbe potuto più imporsi. C’ è stato un momento in cui l’Austria, favorendo gli Slavi dovunque non minacciassero direttamente i Tedeschi, contava evidentemente di neutralizzarli nell’interesse comune dell’ « idea dello