L’ ORA DI TRIESTE sere salvate dall’ Italia. I non molti che dal Regno si occupavano con intelletto oltre che con amore della loro questione, si trovavano in una situazione penosa. Quando, esposti i fatti, arrivavano a concludere, dovevano fermarsi ad una conclusione che essi per primi sentivano inconcludente. Riconosciuta la gravità crescente del male austriaco - fosse austriaco puro o anche austroslavo - in carne ed anima italiana, si esimevano, medici affettuosi ma prudenti, dall’indicare l’unico rimedio. Rimedio eroico, pericoloso per quelli stessi che avrebbero dovuto propinarlo: la guerra. Guerra all’Austria e di conseguenza alla Germania; la guerra europea, non una dose di guerra europea. » Nessuno poteva aver l’animo di spingere l’Italia da un giorno all’altro alla prova suprema per le due provincie che pur non avevano altra speranza. E nemmeno le due provincie pretendevano una così sanguinosa prova d’amore. Sapevano che nell’attuale assetto di Europa l’Italia non poteva: troppo amavano la patria per dire apertamente che l’Italia - legata alla Triplice — non solo non poteva ma nemmeno voleva potere. In ogni caso erano le prime a sentire che una potenza civile non si sarebbe assunta la spaventosa responsabilità di scatenare, per un suo interesse particolare, la guerra necessariamente generale. Ma che questa sarebbe venuta, nella Venezia Giulia si sentiva assai più che nel Regno. Perchè la Venezia Giulia era in Austria e in Austria, come in Germania, la pace sempre più armata mascherava sempre meno l’intenzione di romperla. Nelle sfere governative la guerra - minacciata nel 1908 dopo l’annessione della Bosnia-Erzegovina, riminacciata in sordina nel 191 2 durante le guerre balcaniche - oramai era vagheggiata e pre- — 136 —