TRIESTE forse per cervelli viennesi ma spesso tormentose per italiani, vengono fuori italianamente educati i giovani triestini. Gli insegnanti - che costituiscono a Trieste una classe veramente depositaria dell’ intelligenza - correggono in pratica gli errori della teoria. La fiamma si trasmette nella sua purità. E quando, più tardi, questi giovani nell’ attrito della vita austriaca potrebbero perdere una parte dello spirito italiano, il ricordo della scuola li richiama all’ ideale necessario. Del resto cosi attiva è la forza del pensiero italiano fra i giovani, così identici sono a Trieste i due termini: coltura e Italia, che anche gli scolari delle scuole medie tedesche -c’è della gente timida che crede di far loro un bene educandoli nella lingua dei dominatori - vengono fuori italiani. E quasi a espiare la colpa non loro della educazione straniera, anch’essi in segreto concorrono alla difesa italiana contribuendo all’opera della Lega nazionale. L’opera paziente con cui la Lega nazionale alimenta la italianità della Venezia Giulia, del Trentino e della Dalmazia è gloriosamente nota. Ma bisogna essere vissuti a Trieste per sentire come la istituzione sia diventata natura. In ogni atto della sua vita, anche nei momenti in cui l’idealità nazionale potrebbe parer più lontana, un Triestino sente il dovere di riaffermarla, e nella maniera più difficile anche agli uomini di buone intenzioni, consacrandole il suo obolo. Alla Lega pensano i ricchi quando pensano alla morte, nel testamento. I meno ricchi trovano occasioni sempre nuove di portarle il loro contributo: i ricordi luttuosi e le feste di famiglia, i convegni amichevoli e le scommesse si esprimono con le offerte alla Lega. Alla Lega ha lasciato il suo borsellino una povera sartina morta a vent’anni, alla Lega si è ricordato di dare i suoi risparmi un — 53 -