L’ ORA DI TRIESTE soldati italiani - quei cari bersaglieri - sarebbero entrati in territorio austriaco, naturalmente a difenderlo dal nemico comune, lo Slavo. Sul popolino, che non ama gli Sloveni e non è in grado di distinguere tra Slavi in funzione austriaca e Slavi in funzione serba - distinzione a cui del resto non è nemmeno arrivato qualche ministro italiano degli esteri - il grossolano inganno poliziesco fece qualche presa. E si ebbe così nei paesi italiani dell’Austria lo spettacolo penoso di Italiani arrolati alla morte per un torbido sogno d’imperialismo austro-germanico che entravano nelle caserme austriache cantando gli inni della patria italiana. Bisognava ubriacarli perchè non gridassero la loro disperazione : al vino fatturato si aggiunse la marcia reale sonata da bande austriache, l’inno di Garibaldi boccheggiato da poliziotti austriaci. Intanto i giornali di Vienna gongolavano di soddisfazione triplicista in cui l’Italia non era dimenticata. Il conte Tisza - uno degli uomini che tra gli istigatori della guerra austriaca ha responsabilità più dirette - proclamava che la perfetta armonia « dei tre Stati della Triplice aveva reso in prima linea possibile di procedere decisamente come finalmente si era proceduto ». Per alcuni giorni, nel disgraziato paese italiano condannato a dissanguarsi per l’Austria l’inganno triplicista servì abbastanza, per lo meno alla confusione dei sentimenti, per lo meno a paralizzare qualche volontà risoluta. Ma il 2 di agosto insieme con la notizia dell 'ultimatum, germanico alla Russia e alla Francia - la guerra europea -arrivava quella della « neutralità italiana ». L’inverosimile illusione che poteva aver allucinato qualche disgraziato svaniva. Ne aveva ancora bisogno, più di prima, l’autorità dacché « Sua Maestà I. e R. Apostolica si era degnata di ordinare — 140 —