L’ ORA DI TRIESTE Fin dai primi del mese TAustro-Americana aveva sospeso i suoi servizi: le altre società di navigazione li avevano ridotti. Pola era posta in assetto di guerra e il io agosto il comando della Marina ordinava agli abitanti di provvedere subito « articoli di mantenimento e combustibile per sè e per le loro famiglie per il tempo di 90 giorni. Coloro che non potessero procurarsi i viveri devono abbandonare la città ». L’ordine per il momento fu revocato, ma l’evidente paura austriaca accendeva la speranza italiana. Già si faceva tutt’uno dell’Inghilterra e della Francia con l’Italia: nella passione di quest’esule Italia che soffre di guerra austro-germanica non c’è posto per le distinzioni in cui il sacro egoismo dell’altra Italia sottilizza la sua lunga neutralità. Nemmeno le autorità austriache distinguevano più tanto. Le mine, di modello punto conforme ai desiderati umanitari dell’Aja, che venivano seminate lungo a tutte le coste erano contro l’Italia non meno che contro la Francia e l’Inghilterra. Prima vittima ne fu invece il piroscafo lloydiano Baron Gautsch che, nel viaggio di ritorno da Cattaro, saltò in aria nelle acque di Pola urtando in uno di codesti ordigni che stanno avvilendo di sistemi austrogermanici anche la guerra marittima europea. Su trecento fra passeggeri ed equipaggio oltre cento vittime. Anche la guerra terrestre, dove cominciava a delinearsene qualche effetto, cominciava male per l’Austria. I soldati italiani, scrivendo dal campo, con abili allusioni riuscivano a far sapere ai loro comprovinciali che i primi scontri in Serbia non promettevano allori alle armi austriache. Il 18 agosto la « spedizione punitiva » contro la Serbia si risolveva in una brillante ritirata. Un comunicato ufficiale del 22 la riduceva a « una breve punta offensiva » vittoriosa sì ma « con note- — 144 —