NELLA UNITA DELLA STORIA ITALIANA del Carso, verso la valle della Lubiana: qui furono le Arae postumiae, il cui nome corrotto riappare in quello di Postoina (Adelsberg). Risale sul Javornik - il Tambernic di Dante - e per una serie di dossi deserti, pieni di forre e di melanconia, giunge all’Albio, la vera mèta terminale delle Alpi Giulie. Il Monte Maggiore, in margine all’ Istria orientale, che nella geografia corrente ha una certa popolarità come vetta ultima delle Giulie, è in realtà il termine di uno sprone — i monti Caldiera - che muove dall’Albio. Ma seguendo i Caldiera e il Monte Maggiore, si lascerebbe fuori un angolo dell’ Istria e Fiume, che rispetto all’Istria orientale è quello che è Trieste per P Istria settentrionale. Il confine perfetto è invece quello che oltre l’Albio trova le prossime sorgenti della Fiumara e la accompagna fino al suo sbocco nel Quarnero, a Fiume. Così si ricompone nell’ unità segnata dalla natura la regione d’Italia che, più aperta di facili varchi verso la regione danubiana, ha più sofferto delle incursioni barbariche. « La solita strada dei barbari - la diceva nel ’500 il Giambullari. -Porta nocevolissima lasciata aperta dalla natura per gastigare le colpe d’Italia». Il gastigo si perpetua: mentre in tutte le altre regioni d’Italia - eccettuato l’alto Adige - il flusso delle invasioni si è arrestato da secoli e ciascun popolo ha trovato la sua forma definitiva entro i suoi confini, qui la pressione barbarica sopra la civiltà latina effettivamente dura ancora. L’Austria, pretesa colonizzatrice di popoli in nome della civiltà germanica, di fatto continua in forma di stato moderno l’antico travaglio delle invasioni. Non è necessario vedere con gli occhi la faccia canina di Attila ed essere pesti dagli zoccoli della sua cavalla selvaggia per sentire i barbari. — 13 —