LA VENEZIA GIULIA Perciò bisogna risalire l’Isonzo, a nord di Gorizia, lungo la stretta valle che costeggia il confine attuale del Regno : si arriva così nel cuore delle Alpi Giulie, al nodo di alte vette glaciali da cui si domina tutta la provincia come un dominio dalla torre del suo castello : sono il Canino, il Mangart, il Solcato, il Tricorno. Tra questi giganti è il valico del Predii che scende alla valle della Sava. Dal Tricorno il confine segue il duro crinale delle Giulie, comprendendo nella regione Giulia le valli della Bacia e dell’ Idria. Ma al passo d’Idria la catena, digradando d’altezza, perde la sua conformazione precisa e dirimente. La spina montana si frantuma e sconvolge in una serie di altipiani e di terrazzi: non è più una catena unita, ma un acrocoro, uno sparpagliamento di ambe gibbute che ingombrano l’orizzonte. Si comincia a sentire, accanto alla natura alpina, la natura della montagna dinarica. A confondere le direzioni si aggiunge il giuoco dei fiumi carsici misteriosi. Ne sgorga uno; per un po’si lascia seguire; ad un tratto sparisce in una voragine aperta nel terreno: un po’più in là da una grotta aperta sul fianco di un monte ne riappare un altro già ricco d’acqua: dove sarà la sua sorgente? Di quali invisibili polle si è alimentato? Il paesaggio, solenne e desolato, parla per enigmi. Ma non sono enigmi così oscuri che non sieno stati già risolti. Lo spartiacque segnato sulle carte dai geografi - il Marinelli concorda con il Réclus e col Kiepert - fu già segnato nella realtà dai Romani, che tennero ben munite queste trincee naturali a difesa della porta d’Italia. Le tracce del limes romano affiorano qua e là nell’apparente confusione di questi dossi sconvolti. Per la profonda selva di Piro, il confine arriva a monte Re che chiude il varco più importante