TRIESTE Giulia - non meno che del Trentino - è questo imperiai regio italiano che le autorità governative usano nei rapporti con le popolazioni italiane dell’impero. Un italiano di malavoglia, dentro cui si sente lo sforzo per non parlare il tedesco o magari lo sloveno. E intristisce ogni giorno più. Una volta vi erano funzionari austriacissimi che rispettavano formalmente la lingua italiana e forse, nelle vacanze, rileggevano il Meta-stasio. Oggi il governatore di Trieste, Principe di Hohenlohe, quando deve parlarla, non fa una figura di bel parlatore. L’italianità di Trieste, così evidente nella lingua della strada e della famiglia, delle insegne e del giornale, del teatro e della chiesa, è in ogni modo insidiata dal Governo, che oramai la tollera soltanto perchè non può farne a meno. Nella sua intenzione, secreta e palese, di ridurre Trieste ad una città internazionale e anazionale, fa di tutto per corromperla, spodestarla. Il bilinguismo è il suo sogno: imporre il bilinguismo in tutte le espressioni della vita triestina, perchè sopra un bilinguismo italiano e sloveno si affermi più sicura la uniformità centrale dell’Austria di lingua tedesca. I Tedeschi come tali sono troppo pochi a Trieste — 10.000 secondo l’ultima statistica ufficiale di manipolazione governativa - per intaccare il carattere linguistico ed etnico della città. Quando non si amalgamano ai cittadini - il che avviene facilmente anche per quella tipica incapacità dei Tedeschi, rilevata perfino dal Principe Bulow, di resistere con le loro sole forze all’ azione dissolvente di altri popoli - rimangono ospiti solitari. Si radunano nei loro piccoli circoli — al Schillerverein per esempio - completamente ignoti alla cittadinanza. Così rimangono separati dalla convivenza cittadina gli ufficiali della guarnigione. Se c’ è un caffè che preferiscano, quel caffè na- — 44 —