PRIMAVERA 1915 Abbiamo atteso ancora. L’animo umano è naturalmente così scarso che non gli è mai impossibile attendere ancora un poco a compiere il suo dovere. Ogni indugio di debolezza trova in se stesso sofismi di prudenza capaci di illuderlo di esser forte : non c’ è viltà interna che non si rassegni volentieri ad esser vile in nome di qualche necessità esterna. Noi abbiamo atteso con la coscienza tranquilla, se non altro perchè abbiamo ingannato l’attesa a rimuovere da noi stessi l’illusione pericolosa di poter restare tranquilli. Ma oltre il confine? Se la parola agonia significa estrema contesa fra la vita e la morte, l’agonia di Trieste, della Venezia Giulia, del Trentino è incominciata. Codesti paesi italiani hanno perduto il più vivo fermento del loro sangue italiano. Nella prima quindicina di febbraio sono partiti i reclutati nelle ultime leve, gli uomini fra i ventinove e i trentasette anni che a loro tempo nelle leve regolari erano stati scartati. Ora tocca a quelli fra i trentasette e i quarantadue. Più che un decimo della popolazione della Venezia e del Trentino è sotto le armi per l’Austria. Non tutti sono partiti, gregge di vittime, dietro le bandiere austriache a continuarne le sconfitte. Parecchi hanno trovato qualche spiraglio attraverso i confini sempre più vigilati, con lunghi giri pericolosi oltre i monti, in molti modi che non si possono riferire ancora. Un momento si può aver avuto l’impressione che il governo austriaco quasi quasi si fingesse negligente, apposta per perdere sudditi italiani dalle sue provincie contestate. Le autorità austriache non trattengono e non tratterranno nè i vecchi nè le donne, che, abbandonando le loro città, vi lasceranno dei beni da confiscare o per lo meno scemeranno di qualche bocca inutile l’impero messo a razione. Ma — 162 —