L’ ORA DI TRIESTE il pane. Un comitato cittadino di soccorso raccoglie nei due primi mesi 200.000 corone. Continuano le offerte, ma il 12 novembre il Podestà volge un appello alla cittadinanza in cui mentre ricorda che « 15.000 persone sono state provviste di vitto durante il mese di ottobre », ammonisce « che senza un ulteriore pronto e largo aiuto a quelle quindicimila persone, cui pur troppo per l’acuirsi della crisi molte altre si aggiungeranno, il pane farà difetto ». Alla metà di dicembre i disoccupati si calcolano 7 o 8000 uomini; con le loro famiglie circa 25.000 persone; a tutti deve provvedere la beneficenza pubblica. Il Comune decide lavori straordinari da impiegar gente: ma se l’anno finisce triste il nuovo minaccia di aprirsi più triste. Per il primo gennaio le ferriere di Servola, gli oleifici, i iutifici hanno decisa la chiusura. \J Austro-Americana ha licenziato i suoi equipaggi e i suoi impiegati: il Lìoyd ha ridotto di un terzo gli stipendi dei suoi. Il Governo austriaco può far sapere all’ estero che anche Trieste ha sottoscritto con relativa larghezza il prestito di guerra, facile perchè si risolve in un aumento di circolazione cartacea, spontaneo non tanto, perchè si capisce che è bene sottoscriverlo « a scanso - come si dice in Austria - di dispiaceri ». Non perciò la crisi del lavoro e del capitale è meno dura. L’organismo economico della città è stato ferito a fondo : c’è dell’emorragia interna. Mai come ora Trieste ha sentito la necessità anche pratica di vivere nello stato che in qualunque caso possa garantirle libera per lo meno la navigazione dell’Adriatico, in uno stato che sia mediterraneo con le potenze mediterranee, non guerreggiato da queste, come è toccato all’Austria per la sua natura e la sua funzione germanica. — 154 —