L’ ORA DI TRIESTE voli perdite, cosa che non fa meraviglia dato il numero stra-preponderante dell’avversario che combatte per la propria esistenza ». Conclusione: « le truppe a-u. avanzate su territorio serbo avevano ricevuto la sera del 19, dopo adempiuto il loro compito, l’ordine di ritornare nelle posizioni originarie ». Si ammetteva che questo compito inesplicabile potesse sembrare « ingrato ai profani » e tutta la spedizione serba era dichiarata « una azione secondaria che a mala pena toccava la grande azione decisiva ». Contemporaneamente l’incrociatore Zenta era affondato davanti alle Bocche di Cattaro. Fiume non nascondeva la sua inquietudine e il solito conte Tisza le faceva coraggio - coraggio ungherese - giurando che Pola sarebbe bastata a garantirla e che in ogni modo Fiume, porto aperto, non poteva essere bombardato. A Trieste tutte le autorità governative si preparavano alle peggiori evenienze. Da Lubiana si radunavano milizie a difendere Trieste da uno sbarco: sull’altipiano si stabiliva un campo trincerato. Ma intanto si organizzava un treno speciale che, raccolto il danaro depositato nelle banche di Trieste, lo portasse in salvo a Vienna. Un miliardo di corone fu sottratto subito all’eventuale sequestro anglo-francese o anglo-franco-italiano. I documenti della Luogotenenza furono portati in montagna, a Vipacco: il danaro che, pur nel ristagno degli affari, era incassato dalle banche veniva radunato giorno per giorno alla Banca dello Stato e ogni sera partiva per ferrovia. Le linee ferroviare erano vigilate dai soldati della leva in massa: su quelle da Trieste a Vienna ogni 8 chilometri erano — e probabilmente sono ancora — scaglionati 250 uomini. Una nuova chiamata della leva in massa - di tutti i rinviati alle due leve antecedenti — era preannunciata. Il Luogotenente Ho- - 145 — IO