NELLA UNITA DELLA STORIA ITALIANA sangue straniero si fonde e scolorisce nel sangue comune della maggioranza; sul confine, vicino a territori tedeschi come quelli della Carintia, con il feudalesimo si rinnova un’infiltrazione sempre più abbondante di uomini tedeschi. La resistenza della civiltà latina deve agire in condizioni sempre più sfavorevoli. C’è un momento in cui l’Istria diviene feudo dei duchi carintiani con grande pericolo della sua italianità. Fortunatamente certi legami a cui contrastano le ragioni geografiche non possono durare a lungo. E il centro del feudalesimo che domina, con l’Istria, le regioni montane del Carso e del Friuli rimane in Italia, ad Aquileia. Dal secolo x al principio del xv il dominio più o meno diretto di tutta la regione appartiene al Patriarcato: è la Sedia spirituale e temporale di Aquileia che dispone dei castelli sui monti e delle città sulle marine. Ora il patriarcato di Aquileia, italiano di sede, fu quasi sempre uno strumento del dominio imperiale tedesco sull’Italia. Di trenta patriarchi avvicendatisi sulla cattedra di Aquileia diciannove furono tedeschi. I feudatari che essi imposero e favorirono in tutta la « patria del Friuli » e nell’Istria, che ne formava l’appendice, furono di preferenza tedeschi. Così fu un tedesco, sceso dalla Pusteria, il conte che si fermò dove l’Isonzo sbocca dalla chiusa dei monti nella pianura, a Salcano, e che divenne presto il massimo feudatario della regione alpina, il Conte di Gorizia. L’altro grande feudatario fu il Signore di Duino, un castello erto sul mare dove finisce la costa bassa del Friuli e comincia quella alta di Trieste. È diffìcile immaginare che l’influenza politica di costoro fosse propizia allo svolgimento naturale dell’ italianità nella regione. Eppure l’italianità si svolse anche qui in tutte le sue forme politiche e civili. Prima ancora che Venezia apparisse dal mare, — 17 — 2