LA PROVINCIA DI TRIESTE « La foresta ha una lunghezza di oltre 18 chilometri. S’infolta con famiglie di querce longeve, che si sono continua-mente riprodotte, ma che non mostrano più i loro giganti secolari. Olmi e frassini, frammettendo i loro tronchi sugherosi, intrecciano le chiome nella volta trasparente.... Il vischio, strisciando in cerca di sostegno, sfugge quasi con senso di ribrezzo i fusti morti o prostrati, fila il suo gambo attorno ad un albero e s’avvolge e s’arrampica sino là dove può guardare con l’ultima gemma l’arco aperto del cielo. Steli flessibili assaltano piccole piante fragili e le inviluppano, ne succhiano gli umori, le uccidono e fioriscono sui loro cadaveri; dove qualche torrente impozza, la pinguicola, tenendo le radici abbarbicate nel fango, s’allunga sin che mette a pel d’acqua una ciocca di calici, poi si tuffa, sparisce e va a deporre i semi nel morbido letto del fondo. « Il terreno nutre fiori delicati e fugaci : fiori color spuma di sangue, spighe giallastre, ed è cosparso di frutti legnosi, ghiande e bacche. Sulla scorticazione di un céppo marcio l’esca distende il suo feltro. Alcuni bruchi avvolti in una foglia accartocciata, si dondolano in quell’amaca odorosa, sospesa con un filo di seta alle verghe d’un arbusto.... « La foresta ricorda d’aver partecipato a tutte le glorie veneziane e d’essersi spogliata per quella flotta che uscì vittoriosa dalla battaglia di Lepanto. Erano del suo legno le galere andate alla presa di Costantinopoli o a combattere all’isola di Cipro e alle coste di Barberia; furono fatti con i suoi tronchi gli zatteroni pensati da Angelo Emo, l’ultimo eroe della Dogaressa. « Cadevano quegli alberi sotto la scure, e poco dopo tornavano galleggianti, presso la foce del Quieto, col leone sulla prua e cento remi ai fianchi. >