L’EQUILIBRIO ITALIANO DELL’ADRIATICO Così appunto gli strumenti del traffico triestino e fiumano possono mantenere la loro efficacia modificando in parte la loro funzione : funzione italiana in luogo di funzione austrogermanica. E qui resulterà l’importanza anche pratica del fatto ideale che il commercio triestino ha mantenuta italiana la sua lingua di bordo e di banco. Il contenuto del commercio può anche variare senza scosse pericolose per l’economia di Un paese, quando la variazione non sia evidente nelle sue espressioni abituali. Sono le espressioni abituali, i metodi, il linguaggio, lo stile, che sono più difficili a cambiarsi. Trieste e Fiume non hanno che da ammainare una bandiera alle loro navi e da issarne un’ altra, la bandiera italiana : il ritmo della loro vita economica non cambia; i paesi austro-germanici a cui facevano da sbocco naturale hanno più bisogno di loro che loro di quei paesi. Un sano istrumento economico — e Trieste e Fiume lo sono - è come una pianta sana: resiste al trapiantamento, trova sempre la terra da cui assorbire il succo vitale. L’equilibrio italiano dell’Adriatico è dunque connesso indiscutibilmente al destino politico dei due porti che fanno della Venezia Giulia un territorio preziosissimo all’Austria non meno che alla Germania. La espansione germanica e la colonizzazione austriaca - l’Ungheria non è che un’appendice del blocco germanico - in codesti due porti e nelle proiezioni marittime che essi mandano in tutto il mondo hanno posseduto due fili robusti a formare la rete d’interessi e di dominio con cui sempre più hanno cercato d’irretire l’Europa orientale e meridionale, il Mediterraneo. La qualità del filo non era quella che idealmente sarebbe meglio convenuta alla rete austro-germanica : filo tedesco o alla peggio filo slavo purché ben fermato da pece austriaca avrebbero formato una rete più omogenea. Lo stame — 127 —