L’ ORA DI TRIESTE per le famiglie dei richiamati, per i disoccupati che alla fine di agosto erano già duemila. Di grano, che scarseggiava, si riuscì ad ottenerne 4500 quintali dal Regno. Pur troppo andarono a finire in gran parte all’amministrazione militare. Dopo un periodo di disordine economico pauroso anche Trieste è riuscita a ricomporsi in un assetto relativo. Il porto è semivuoto : in condizioni normali ai moli c’ era sempre ormeggiato un centinaio di piroscafi; ora sono ridotti a una ventina, quasi tutti di bandiera neutrale, italiana o ellenica. Il traffico che ha dovuto fuggire il mare chiuso dalla flotta anglo-francese, - lontana ma sempre bastante per fermare qualunque tentativo di navigazione austriaca - ha cercato le vie di terra; sono 150 vagoni in media al giorno che vanno e vengono da Trieste. A questi il Governo austriaco non ha interesse di chiudere il confine ; riceve assai più che non dia. In tali condizioni ci sarà stato anche a Trieste chi avrà fatto grossi affari e magari nei modi obliqui che la guerra propone facili anche ai mercanti scrupolosi. Ma se uno arricchisce, la città si depaupera. La carestia c’è ed aumenta. Ai primi di ottobre il frumento che a Budapest, un anno prima, costava al quintale 24 corone ne costava 40; a Trieste naturalmente di più. Il i° dicembre è imposto il pane di guerra, con un terzo di farina d’orzo o di patate. Provvedimento che vale ad accrescere la quantità del pane, non a diminuirne il prezzo: codesta farina impura costa già 64 corone al quintale e il prezzo di vendita spicciola è di 76 corone. E la disoccupazione cresce fatalmente non ostante il numero diminuito delle braccia disponibili. Nel settembre la Pia Casa dei Poveri distribuisce tremila minestre e altrettante porzioni di pane a gente che altrimenti non avrebbe nemmeno — i53 -