— 541 — da Lei avvertito. Solo dirò, per diminuire la mia colpa, che sono stato in questi ultimi tempi sopraccaricato di affari e per la mia professione e per il Giornale, a cui per quelle circostanze che di tanto in tanto si verificano, ero rimasto solo a provvedere. Ciò posto e fiducioso che Ella non vorrà di troppo addebitarmi per questo fallo, sento il debito di ringraziarla della lunga e importantissima lettera che Ella mi diresse. A me che vivo in mezzo a questi troppo frequenti pettegolezzi della stampa, e che ogni giorno debbo pensare a somministrare il pane quotidiano della lettura a chi con pazienza o con amore segue il corso delle polemiche del giornale che dirigo, fanno un bene inesplicabile le sue lettere; perchè mi ritemprano l’animo, non sfiduciato, ma stracco talvolta per queste lotte più spesso di uomini che di principi, e se di principi, non sempre nobili e lealmente sostenuti, e perchè mi ravvivano quella fede che non mi è mai venuta meno, ma che trova gran conforto nello specchiarsi in quella maggiore, incrollabile e splendida che anima Lei, che già ha reso grandi servigi al paese, e che è destinato a rendergliene anco maggiori. Sì, lo ripeto, sig. Barone, mi fa bene legger le sue lettere, perchè vi trovo fede, consigli, ammaestramenti, perchè mi ringagliardiscono, perchè mi eccitano nella modesta mia sfera d’azione a fare quello che debbo fare. E se non temessi di apparire e anco d’essere indiscreto, giungerei perfino a pregarla a scrivermi tutte le volte che Ella o dissenta dal-l’indirizzo mio, o abbia da comunicarmi idee che occorra fare infiltrare col mezzo della stampa nella pubblica opinione. E poiché siamo a parlare d’idee, le 35. • M. Puccionj, L’Unità d’Italia, ecc.