— 316 debba essere viva e continua per parte di quelle popolazioni che ancora si pretende di separarle dalla nostra famiglia. Ciò posto, la forza delle cose costringerà tutti ad accettarne le conseguenze. Al medesimo. LXYI. Firenze, li 16 Novembre 1860. Preg.mo Dottore, Non tema di noiarmi in cosa su cui Ella è ormai certo com’ io la pensi. Può sì aprirmi nell’animo cordoglio maggiore, ma non mai noiarmi. Io non ho pace se Roma non è con noi; così vorrei non si desistesse un minuto da quella protesta permanente delle popolazioni tutte, che per ora hanno sembianza di dirsi ancora soggette al governo del Papa; nè io desisterò mai dal dimostrare in fatto questo mio animo. Ma bisogna non dissimularsi la mia posizione legale; e quella della Toscana rispetto al modo dei sussidi che di qua si p°" trebberò cavare. Oramai qua l’amministrazione militare è legata a Torino; nè io posso più influire direttamente; anzi non ho autorità diretta sui magazzini di armi e vestiario e non ho che un’ influenza indiretta, efficace fin qui rispetto all’Umbria; ma debbo dubitare rispetto a Viterbo e sua Provincia. Sbagliò davvero il Governo dell’ Umbria di non prevedere e provvedere rispetto al corpo militare che stava organizzandosi colà. Perse’ come io le dissi, una bella occasione. Ora, ripeto, 10