— 30 — tese piemontesi, afflitta la parte numerosa che voleva italianizzare il governo senza sacrificio della dinastia, contenti soltanto gli unitari e quelli che avevan rancori colla famiglia reale. Ma tutti probabilmente han fallito nei loro conti. Tutto quello che è accaduto è un maneggio francese condotto dal ministro di Sardegna in nome dell’ italianità. E quest’ illusi han creduto di fare un movimento italiano! A guerra vinta avremo un regno d’ Etruria o un quid simile con Napoleone e la Toscana cadrà sotto la Francia! Ma il ritardo alla vera concezione della finalità del movimento non può affatto nuocere alla fama del Nostro, il quale convinto della giustizia del programma svolto dalla Società Nazionale, ad esso, novello Paolo su la via di Damasco, si consacrò intieramente quando ebbe illuminata la mente dalla luce del vero, sicché accolse subito l’invito del Bon Compagni, Commissario del Re Vittorio Emanuele durante la guerra, di far parte del Governo della Toscana, e portò il contributo validissimo della propria tenacia e dell’ influenza che la sua persona era destinata ad esercitare negli ambienti diplomatici europei per far conoscere come la pensassero anche i cittadini ricchi, seri, autorevoli, divenendo il più rivoluzionario tra quanti in quel momento storico furon chiamati a diriger le sorti delle regioni insorte. Egli adunque, pur non avendo preso parte al movimento, mirabilmente risolse il problema che