— 460 — mio preteso malvonismo sento che è necessario far qualche cosa di grosso per rompere questo circolo vizioso in cui siamo racchiusi e dove alla povera Italia manca l’aria per respirare. Se non si va a Roma, e non ci si va presto, l’unità mi sembra in pericolo. Mi parrebbe quindi l’ora di smettere tutte le questioni di partito e di unirsi tutti concordemente nell’operare con ardire prudente. Sarà capace il Ministero di raggiunger questo scopo? Mi permetto di dubitarne. Feci ieri a Piero Puc-cioni la sua ambasciata ed egli mi disse ridendo che del tempo non ne ha mai perduto poco come ora, come si prepara a dimostrare in una lunga lettera. Suo aff.mo L. Cempini. A P. Puccioni. CXIII. Torino, 5 Agosto 1862. Caro Piero, Tu mi domandi notizie di Roma; nessuna per il momento: ma credo con fondamento che siamo alla vigilia di attenderne delle gravi, meno che nella ipotesi che tutto il subbuglio garibaldino cessi presto e bene, ed allora la Francia adempirà verso il nostro scritti, fece ritorno a Firenze ove fu uno dei difensori di F. D. Guerrazzi nel processo di perduellione. Fu tra quelli che aderirono alla Società Nazionale, e tra i fedeli del Bartolommei ; poi nel XXVII Aprile tra i dirigenti del movimento e Commissario della Rivoluzione a S. Miniato. Deputato all’Assemblea e al Parlamento, fu uno dei corrispondenti de La Nazione.