— 515 — resterà vano ogni tentativo che si volesse fare nel seguito, perchè si è perduto tutto quanto si era fin qui guadagnato in materia di ricomponimento di animi e di cose. Si era lavorato a quest’effetto in quel tempo di sosta e di aspettativa accettata dall’universalità della Nazione, e un poco si era ottenuto. Oggi con gl’ improvvidi mutamenti nel personale delle Prefetture, con le scelte le più infelici che si son fatte, e con quella singolare concordia del programma ministeriale ogni frutto si è perduto, e il disordine è ricomparso amministrativamente più forte, le incertezze e le discordie all’ interno seriamente rincrudite. Da ciò urgente massima di aver Roma. Non discuterò col Comitato Nazionale di Roma se debba fare i vespri, o farsi uccidere inerme dai francesi. Sui Vespri non vi può essere discussione, sull’altra proposizione si potrebbe discutere. Ma dove poi il Comitato sbaglia davvero, e si mostra incoerente, egli è dove dichiara che tanto deve fare il Governo Nazionale, e si pone mani e braccia legate ai suoi ordini. Qui è in errore, ed errore gravissimo; perchè i doveri sono comuni e le tre parti compiendoli si rafforzano reciprocamente. Se rifuggite dalle armi, almeno fate tutto quello che intanto potete, e fatelo con fierezza. Il frutto dee maturarsi al calore. Ho detto che le parti sono tre, perchè vi è quella che tocca agli Italiani che non devono mai cessare dal dichiarare con forze d’ogni maniera, escluse sempre le dimostrazioni di parte, la volontà ben decisa e la ragione di voler Roma, e censurare la condotta del governo francese con parole dignitose sempre, ma pregne di severa ragione. Occorre che gli organi della pubblica coscienza produ-