— 514 — quando il pae9e si trova ove oggi ci troviamo noi. Io ho molto pensato, e penso su quanto si richiede da me, e fin qui non ho saputo risolvermi. L’autorità che parla al paese ha la sua via tracciata, il cittadino che vuole pigliarsi autorità e dirigere i suoi pensieri al pubblico, ha molti scogli più o meno coperti in cui la sua parola può infrangersi. Neppure occorre tacere che una volta parlato, non è solo all’ interno che parola corre, che è raccolta, spiegata, interpretata da ciascuno, e da tutti secondo sua maniera. Ci va pensato più che due volte. Io ho visto piuttosto venirne male che bene da questa sorte d’indirizzi; talvolta ne sono stato noiato anco direttamente, e forse è sorta in me una certa antipatia, che vela un rettissimo giudizio. Poi penso che i migliori consiglieri non sorgono già negli scorci di preoccupazioni profonde, e una di tali è l’attuale. Aggiungo eziandio che le cose anco fatte a fine di bene potrebbero tornare a male; e l’una sarebbe di far dubitare che la Monarchia in Italia non sia su saldissime basi, cosa che, secondo me, sarebbe anco contrarissima al vero. Procediamo con calma, cioè mantenghiamo in gran calma i nostri giudizi, onde sien frutto di uno stato di animo che sia in perfetta armonia in ogni parte di sè stesso. Fra qualche giorno giudicheremo meglio del nostro stato. Il proclama del Re sarà accolto come si deve dagli Italiani; le autorità faranno il loro dovere con fermezza sapiente, io non ne dubito; e le cose in parte esciranno dalla presente confusione; ma non per questo il male cesserà di esistere, nè la verità che l’Italia senza Roma non può ordinarsi, comporsi solidamente, sarà men vera. Anzi