— 499 — zione in quel santuario della grandezza antica, alle cui gloriose memorie, maestre di fortezza e di sapienza, noi dobbiamo ispirare la nostra vita nuova. Voi accettaste la Monarchia; ed essa è dunque cosa vostra come nostra. Oggi essa è la Nazione: tenetela alta, tenetela splendida, non l’awilite, altrimenti voi avvilite voi stessi, noi tutti ci avviliremo. Pensiamo anche al futuro. Noi Cittadini, noi Popolo dobbiamo essere gelosi del-l’istituzioni che ci siamo dati, in cima alle quali sta la Monarchia costituzionale. Egli è il popolo con le sue virtù che deve mantener buoni i suoi Re. Laonde, devoti alla salute della Patria dite ai Romani, anzi poiché non è più un partito che parla, diciamo tutti ai Romani : « Noi crediamo maturi i tempi ai destini di Roma. Eglino sono confidati al vostro valore, alla fortezza del vostro animo. Voi non sarete degeneri nella virtù dai vostri padri. Insorgete vigorosi, e noi saremo volti in aiuto vostro contro le ribalde milizie di un governo esautorato e crudele e di Francesco: noi verremo a Roma per aiutarvi e dare il nostro sangue per l’Italia, ma vi resteremo soldati all’obbedienza vostra ». Così si opera veramente per la Patria. Roma non deve venire all’ Italia nè per conquista, nè per acquisto; deve essere opera dei Romani col grido unanime della Nazione. Aperte così le porte di Roma, il Re vi andrà, e prima, quale Re d’Italia, in Campidoglio confermerà e consacrerà la Nazione, e la Nazione così sarà in eterno. Com’ io la pensassi e la pensi parmi averle detto con queste parole. Egli è più che un pensiero, egli è