— 547 — Se ne usciremo trionfanti, noi italiani dovremo evitare un altro demonio: la superbia, perchè, perbacco, non è toccato, cred’ io, a nessun popolo una prova come questa e in circostanze cotali, e l’uscirne bene sarà uno splendido documento del senno e della fortezza nostra, e nulla di più facile che la gioia dello scampato pericolo si mescoli con l’orgoglio di crederci i più grandi uomini che Iddio abbia creato. Pensiamo intanto ad evitare il presente pericolo, e l’eviteremo, confido, con una grande dose di fortezza d’animo e di saggezza. Ponghiamoci in quella felice serenità di spirito, nella quale, non premuti da nessun proprio interesse, ci permette vedere e pregiare il vero. Questa è la vera base di una politica feconda, perchè in allora nessuna delle qualità è tratta a far difetto. In questo stato d’animo io considero il temuto pericolo che il sig. Brenna le accenna. Io ammetto quella malizia e quel fine indegno in coloro che son dominati soltanto da una rea passione, il trionfo dell’ interesse di pochi, cioè di loro, su quello di tutti. La prudenza e la previdenza sono concordi nell’awertirmi che tra i pericoli da superare v’ è quello ; anzi mi dicono che ve ne sono altri, ma quali non mi dicono, che stanno in quell’infinito dei contingibili che nessuna sapienza umana raggiunge, e più pretende raggiungere e più si sperde. Che fare allora? — Scegliere un’opera di prevenzione, cioè un’opera che predisponga gli animi a resistere a quel tale pericolo noto, e agli altri possibili ignoti, senza però additarli nel caso nostro, perchè il pericolo verrebbe dagli stessi nostri concittadini, che non si de-von ferire colla diffidenza, onde non renderli più ostinati