Ecco la copia della lettera cui allude : LXIX. Perugia, 22 Novembre 1860. Carissimo sig. Barone, Nella mia del 19 io non mi chiamai offeso dalle sue parole, perchè so bene che, quali queste siano, Ella non è uomo da profferirle con spirito d’offendere alcuno. Io me ne dolsi, e mi dolgo tuttora che Ella voglia rimproverarmi la mia condotta ed il modo di vedere nell’affare dei Comuni di Castro, sebbene poi in sostanza tutt’altro che mio. Convengo che i francesi se ne debbono andare d’Italia, perchè questa è unicamente degl’ italiani, deploro che ci siano venuti, e quando non l’ho deplorato? Ma al momento di esser posto sul punto di accettare le gravissime responsabilità di una collisione la quale è tanto vagheggiata dai nostri avversari, al momento di vedersi in procinto toglier un’altra provincia, sia pure per poco, come quella di Viterbo, ah! sig. Barone, l’impresa dei Cornimi è una cosa bella, è una stupenda protesta, è un fatto eroico, ma in coscienza possiamo noi sostenere che ci sia utile? Il sentimento di quelli abitanti è stato abbastanza manifestato all’ Europa colla votazione compiuta alla vista degl’ invasori, protettori, occupatori (scelga pure uno di questi nomi) stranieri. La ragione che fece cambiar politica a Pepoli e a me, le informazioni che avevamo e abbiamo tuttavia, gliele ho esposte. Io non posso far altro che replicarla