— 112 — certezza che venisse. Ma sempre vorrei l’abolizione delle dogane e de’ passaporti. Ancora in altra del 23 settembre a Fabrizi (pag. 343): O il Piemonte si volge verso l’Italia centrale e l’unifica con sè, spiegando sopra di essa protezione efficace, o l’abbandona restando nella posizione dubbia in cui oggi si è posto, pigliando consiglio dalla diplomazia, funesta sempre, e non dal voto dei popoli e dalla necessità di salvezza nell’avvenire. La unificazione può avviarla nei modi da me indicati nelle precedenti mie lettere al Re e a Cencio, ma conviene accettare il principio immediatamente, ed attuarlo con decisione. Io credo che ne’ momenti gravi l’audacia sia prudenza, e credo che oggi sia il momento. Egli solo il Governo Sardo dee guidare questi tre governi precari, se ancora dovranno avere un’esistenza officiale. Ma, perdio, bisogna muoversi, e operare risolutamente quando il pericolo maggiore sta nell’ inerzia. Le lettere che di costà ci giungono e vorrebbero spinger noi, mostrano di mancare del primo granello di giudizio. Che possiamo far noi più di quello che facemmo? Da costà dovrebbe partire l’iniziativa di tutto; imperciocché nulla si potrebbe fare per noi soli. E se si facesse soli, andressimo alla formazione dell’ Italia centrale, e non alla unificazione italiana. Noi siam pronti a tutto purché ce ne venga la parola di costà. Ho anco supposto che per ora cotesto governo non possa parlare il linguaggio ufficiale. Perciò ho proposto cominciare l’unificazione dal fondo, cioè dall’abolire tutte le barriere. Io vado anche più in là,