— 513 — A P. Puccioni. CXXXIV. « Brolio, li 7 Agosto 1862. A far sentire il mio giudizio sulle presenti nostre condizioni interne Ella m’invitava giorni sono; oggi un invito simile ricevo a nome idi codesto uomo egregio, il Prefetto di Firenze. Se io avessi potuto in allora acconsentire all’ invito, e avessi compiuto all’ invito, avrei da consolarmene oggi? Quanto a me potrei dire che in ogni caso enunciando sempre un giudizio non infallibile, ma coscienzioso, dovrei non mettermene in pena. Non è così il caso. Non si scrive per sè; si scrive perchè si confida potere essere di gran giovamento alla salute pubblica. Distinguere quale debba essere la scelta e la misura delle cose a dirsi, e come dirsi, è difficile oltre modo, perchè quando regna tanta ansietà, tanta preoccupazione, e tanta divisione e mutabilità di opinioni non basta solo il dire cose savie, e anco opportune; l’essenziale sta di dire quelle che incontrino un fine in quelle disposizioni d’animo in cui è la maggiorità del paese, e le accolga per modo così unanime e spontaneo che riescano di parola d’ordine e di unione. Se non valessero a riunire le discordi menti, se non valessero sugli animi onesti di tutti i colori, in cui risiede veramente la maggiorità del paese, non varrebbero al fine, e forse anche potrebbero conseguire un fine opposto. Apprezzare quello che debbe dirsi e tacersi, e come dirsi, per procacciare quest’effetto è opera scabrosa,