— 21 — Logicamente adunque egli doveva accettare l’invito che il 12 Aprile 1849 a lui e ad altri illustri cittadini fu rivolto dal Municipio di Firenze di aggiungersi a quella Commissione che doveva richiamare, onde por fine agli eccessi, il fuggito Granduca sul trono costituzionale, nella finalità di salvare le libertà statutarie e d’evitare al paese l’onta dell’occupazione austriaca. Avea preso anzi occasione dall’assunzione del Montanelli e del Guerrazzi al ministero per rinunziar l’ufficio di Gonfaloniere di Firenze, asserendo che il dissenso dal loro programma rendeva necessaria la rinunzia. «L’uomo pubblico — scrisse — non può starsene in un ufficio contro i principi della propria coscienza; io non posso dare la mia adesione alla rivoluzione che si è compiuta oggi tra noi, nè posso partecipare ai principi che 1’ hanno regolata e maturata» (Gotti, Vita, p. 167). Quando Leopoldo II tornò circondato dalle marne un altro, prendendone la presidenza, con Salvagnoli al-1’ interno, Malenchini alla guerra, Galeotti agli esteri, Mari alla giustizia, Marzucchj all’ istruzione. Ma il granduca non lo volle ed ebbe quello Capponi. Egli e la sua corte ebber sempre poche simpatie pel Nostro, e tra le lettere privatissime della granduchessa ne ho trovata una scritta da Napoli a Nola il 30 aprile 1849 al marito in cui ella dice: « Non mi dispiacerebbe per Commissario (in Toscana) il Baldasseroni.... in Firenze vorrebbero il Ricasoli; vedi lo spirito del partito, basta Iddio ce la mandi buona » (Archivio di Stato, Carte provenienti dalle Ville Reali della Petraia e Poggio a Caiano).