— 225 —
matica, ma quando è dimostrato all’evidenza che gl’ Italiani hanno diritto per esser Nazione e vogliono essere, nessuno può opporsi loro. L’unione della Toscana doveva avere le fasi che ebbe. Non poteva esser diversamente. Principi, governi, e perfino i popoli erano ancora sotto le influenze del così detto diritto pubblico europeo, diritto senza diritto, diritto 'della violenza, della forza, reliquie di secolari barbarie. Il linguaggio e
il	pensiero diplomatico s’ improntava a quelle sorgenti impure. La povera Italia, vittima di quella forza brutale, non passava in sogno ad alcuno che dovesse sorgere Nazione nobilissima. La Toscana aveva inteso la parola che Ella, caro Conte, pronunziava <al congresso di Parigi e i provvidenziali destini di Vittorio Emanuele e concepì l’embrione d’Italia e ne coltivò il lungo periodo di gestazione. Doveva essere un parto umano, doveva prepararvi la vecchia Europa. Il parto si presentò alla luce vivo, rigogliosissimo, e l’Europa lo accolse, parte benigna, parte rassegnata, parte costretta; infine Europa accettò. Ora tolleri che le dica che
il	più è fatto dirimpetto alla 'diplomazia ed ella può dire: «la volontà de’ popoli è oltrapotente, quella degli eventi più potente ancora; chi potrebbe resistere?
•	Nel consigliar la politica risoluta, non ho inteso consigliare una politica senza accorgimenti, senza tattica, senza prudenza. Io so che la Nave si guida da Lei, si guida dal Conte di Cavour, e ciò è tutto.
   E il 28 giugno gli scrive idi nuovo domandandogli, tra l’altro, se nell’ ipotesi che i napoletani accettassero le concessioni di Francesco II, non sa-