— 356 — L’ultimo periodo di questa lettera mi spinge a una considerazione. Dovere di storico quello si è di non astenersi dal manifestare il pensiero anche quando suoni critica alla persona di cui imprenda a scrivere. Ed io non posso fare a meno di notare che per quella sua fobia del potere — la parola riproduce la realtà —* io non trovo giustificazione. Alla critica mi spinge anche il precedente che lo stesso appunto io ho elevato nientemeno che verso mio Padre, quando ne scrissi i ricordi biografici. Lo studio della vita parlamentare italiana, e se- Coerentemente mai ne percepì lo stipendio, nè fece uso mai del libretto ferroviario di deputato: quando viaggiava faceva comprare il biglietto, come fanno tutti i semplici mortali. Nel 1866, dopo l’annessione della Venezia, Achille Murri, poeta e senatore del regno, scrisse quest’epigramma, che è interessante riportare: « Del plebiscito nella gran funzione non vestì l’uniforme il fìer Barone, perchè da tempo è fìsso in quest’ idea che un’uniforme valga una livrea. Ben la vestìa Cavour, ma ognuno sa ch’egli non s’ intendea di dignità; sendo un uomo d’affari tutt’al più, non un uomo di forza o di virtù. Qualcun però domanda: come sta che la sua baronale dignità non trovi compromessa ser Bettino dandosi a negoziar di seme e vino? » Il primo appunto può toccare, non il secondo, perchè non costituisce mancanza di dignità l’adoperarsi per la vendita de’ prodotti dei propri fondi, specialmente quando essi danno i famosi vini di Brolio!