— 548 — e più violenti, o indurceli per dispetto o per rabbia. Dicevo già: guardiamoci dall’umiliare, dal soperchiare un uomo d’animo sensibile e fiero, e molto più evitiamo di far questo al dirimpetto di una città qualunque, e molto più se trattasi di una città distintissima. Firenze, in questa occasione terribile, avrà una bella pagina, come già ne ha avuta. Prosegua, e tanto più prosegua, che invero stimo che sia una vera disgrazia per essa l’essere stimata idonea a sede provvisoria del governo italiano, e le occorrerà un gran senno, una perfetta cognizione delle sue nuove condizioni onde evitare crudeli e svariati disinganni. La stampa di Firenze e insomma direi La Nazione ha una bella missione da perseguire e a ¡prò di Firenze e a prò d’Italia, questa stessa per bene perseguirla. Essa dev’esser cauta di non ammettere nelle sue pagine (le corrispondenze dovranno essere scrupolosamente riviste) una parola che sia amara per la città di Torino o per qualunque dei suoi uomini, sarà cauta di non ammettere un dubbio sulle intenzioni di coloro che sono al Governo; ma quanto di silenzio, di riserva adopera in questa parte che rispetta le persone, di tanto si studierà e ragionerà sulle nostre condizioni e sui doveri di ciascuno e di tutti dirimpetto all’ Italia nostra, comune patria e madre. Ora è il tempo di dire la patria aspetta che ognuno dei suoi figli faccia il suo dovere. Io vorrei vedere scritta questa sentenza in ogni canto di strada, onde si trasfondesse in ogni cuore. Io non so se quel che dico sia abilità, ma sento che è cognizione delle passioni umane, che è previdenza della loro possibilità risvegliate in una data contingenza; è prudenza che non crea il nemico, o lo rende