— 517 — richiesto; ma con nessuno mi sono spiegato così chiaro e netto come Lei. Quanto oggi avviene mi conferma nei pensieri esposti, e se noi ci manterremo savi e tenaci ne’ nostri proponimenti vinceremo; ne sono sicuro. L’articolo de La Nazione d’ieri è stupendo. Da Torino mi par sia difficile che si possa compire l’Italia, che di aver Roma è fatta oggi necessità di salute pubblica. Il vedere le insipienze dei giornali ministeriali, una nullità politica così spinta, che in verità siamo trascinati a domandare che cosa sia la presente nostra Capitale! Io non vaticinerò più su Garibaldi. Non può stupirmi la resistenza, e quasi disperazione sua cui per avventura l’anima irata lo trascinasse. Quante volte mi sono detto: «Che farei io nei suoi piedi?». Una triste voce ne è stata la risposta, perchè io non ignoro le circostanze che condussero quell’uomo al punto in cui oggi si trova giunto, senza sua colpa; ma compromesso lui solo davanti a tutti. Più triste posizione non toccò ad uomo: e maggiore virtù nessun’altra posizione richiederebbe quanto quella ne chiede, per escirne men male 1. Mi abbia per sempre Suo obbedientissimo Ricasoli. 1 Cfr. lettere 10 e 11 Agosto a Bianchi e Silvestrelli (VII, pp. 96 e 104),