_ 49 — Il fine non è già di illustrare la vita dell’economista milanese, ma di mostrare che gli uomini i quali hanno servito lealmente i principi d’Italia, poiché questi disertarono la causa della nazionalità e della libertà, sono sdebitati da ogni rispetto e obbligo e possono seguire la nuova via dell’ incivilimento foss’anche francese. Il giudizio di Leopoldo e di Giuseppe II mi pare esagerato; è la reazione agli encomi smoderati del Botta e compagni. Del resto dove il Salvagnoli teorizza sia in politica, sia in religione, paionmi impotenti conati di profondità, ed anche lo stile e la lingua mi sa troppo studiata, ed ha qualcosa di contorto che non mi garba. Tuttavia merita d’esser letto, e desidero il tuo giudizio. Il mio è a te riservato. Constatazione nella prima parte giustissima, che però n.on fu compresa da nessuno dei moderati dell’epoca. Scrive infatti L. C. Farini a D’Azeglio in Firenze il 18 giugno 1849 (Epistolario a cura di L. Rava, Zanichelli, voi. Ili, p. 76): Credi tu che i moderati debbano accettare le principali cariche politiche nello Stato Pontificio se lo Statuto venga serbato illeso, quantunque sia necessario prendere a prestanza la forza materiale per governare? O credi invece che per noi si debba tenersi lontani dal reggimento della cosa pubblica, facendo buone le pretese dei repubblicani e gli scrupoli dei prudentissimi? Rispondimi francamente e come si conviene all’amicizia nostra.