— 434 — scorra il carteggio del tempo e segnatamente quello di Michelangelo Castelli apparisce manifesto che il partito piemontese vedeva di mal occhio il Rica-soli, sicché anche quel fidato amico di Cavour non si astenne dallo scalzarlo e di fronte al Re e di fronte all’ Imperatore, servendosi del Conte Vi-mercati, fino a preparare la cospirazione pel Rattazzi, del quale aveva giustamente detto tutto il male possibile nel passato. Quando poi si aggiunga che perfino Massimo D’Azeglio, amico personale del 'Barone ed avversario dell’altro « per ragioni che son sempre le stesse e che non mutano, che qualificava come l’uomo più funesto che possa essere al potere tra noi, sia per il suo carattere che per le sue opinioni» (De Rubris, Confidenze, pagg. 204 e 208) coll’avversario si era conciliato, ci convinceremo che l’austerità, l’abilità, le prerogative d’uomo di governo, che non mancarono al Ricasoli, non valsero a conquistargli popolarità tra gli stessi deputati di destra. L’avere poi insistito nella soluzione della questione romana gli diede il tracollo, perchè gli alienò completamente Napoleone III, a lui anche in passato non benevolo. Sia pure che i tempi non fossero allora maturi per la conciliazione, c che la ferita portata dalle annessioni delle Legazioni, delle Marche e dell’Umbria sanguinasse ancora. Ad ogni modo gli uomini che Pio IX consigliavano e cjrcunvenivano, attaccati esclusivamente all’ in«