— 48 — E il 6 luglio succ. aggiunge da Livorno: (Id., lett. 104): Trovai la Toscana in condizioni assai tristi: la separazione tra governo e paese si fa ogni giorno maggiore, e quel che è peggio si rende impopolare quel giovanetto che pur sarebbe una speranza avvenire cioè il principe ereditario Ferdinando. Finalmente il Minghetti, esaminato lo scritto del Salvagnoli (Saggio civile sopra Pietro Verri, Le Monnier, 1854) lett. 42 osserva : di restaurare il principe costituzionale e tener lontana dalla Toscana l’onta dell’occupazione straniera. Divido il suo giudizio e confermo che all’occupazione tutti i moderati ripugnarono protestando e allontanandosi dal principe. Però non arrivo a comprendere come gli uomini illustri dirigenti il partito non aves-ser capito che il solo fatto d’aver chiamato subdolamente l’odiato nemico nello stato mostrava 1’ impossibilità di continuargli la fiducia, e che il voler salvare, come fu tentato da tutti, la dinastia per il bene del paese costituiva una contradizione colla volontà decisa — che tutti ebbero sempre — di guerreggiare e di unirsi in alleanza al Piemonte. I soli logici — come ho detto altrove — furono gli uomini della Società Nazionale e i seguaci del Dolfi, i quali decisero di dare esecuzione a quello che il Salvagnoli aveva subito intuito e dichiarato: al divorzio tra dinastia e paese. La Commissione Governativa sorta nel 12 Aprile 1849 fu benemerita della Toscana, e ad essa un solo, ma grave appunto può esser rivolto: quello di aver trattenuto prigione F. D. Guerrazzi quando nessun titolo vi poteva essere, perchè essa aveva dichiarato di non volersi occupare del passato, e di non aver cercato e trovato, nei ventun giorno che tenne il potere, il momento adatto per farlo evadere, come era stato convenuto. È il caso di ripetere il quandoque bonus dormitat Homerus.