— 283 — parati per la concorde finalità che tutti spingeva. Io vedo soltanto un partito d’azione valoroso e deciso, affiancato da uomini che volevano distruggere il passato per creare l’avvenire, e che la vita erano pronti a cimentare sui campi di battaglia, sui patiboli o nelle prigioni. Dall’altro lato scorgo altri uomini che le responsabilità dell’ufficio che ricoprivano, la maturità del pensiero, e 1’ innata abitudine di procedere con cautela spingevano a stringere i freni ai troppo frementi, fors’anche perchè temevano di azzardare il conquistato in imprese eccessivamente animose. Ora è certo che gli stessi mazziniani coadiuvarono sempre gli uomini del partito d’azione, e in essi quanti furono scevri dal preconcetto che informò i politici del Piemonte doverono riscontrare coadiutori, non oppositori della unità monarchica. I dissensi furono tutti di parole, di persone e di metodo, sopra tutto negli accessori, non mai nel fine principale. Lasciamo pure che La Farina, giunto in Sicilia, tenti di spodestare il Crispi, e ne sia brutalmente, ma logicamente allontanato, che Bertani — il meno proclive ai rapporti cordiali — bordini, Mazzini stesso, portino la nota troppo accentuata, e più che altro che gli uomini minori contribuiscano ad acuire gli urti tra i due partiti, e domandiamoci su che cosa il dissidio sorse e quali danni cagionò. La risposta sembra a me d’intuitiva evidenza : nulla d’importante, nulla di esiziale fu