— 210 — plomatica, e sopravviveva il preconcetto di vedere nel Mazzini e ne’ suoi seguaci i nemici della monarchia. Il che, se potè tornargli utile come mezzo per forzar la mano a Napoleone e alla diplomazia collo spauracchio della repubblica, non rispondeva alla verità, dal momento in cui il grande apostolo aveva esclamato: «Preside o Re, Dio benedica a Voi, come alla Nazione per la quale osaste e vinceste» (Mazzini, Opere, voi. X)1. Scorriamo altre pagine delle lettere scambiate tra i due. Scrive il Ricasoli al Cavour il 28 maggio (pag. 98): Credo che se la Sicilia s’emancipa, il Governo del Re non debba perder un momento a porci le mani e ad apparecchiare la sua condensazione col nuovo regno. Il fare verso la Sicilia ciò che fu fatto verso l’Italia centrale non mi parrebbe opportuno: i popoli sono diversi, le ricette occorre mutarle secondo la qualità del malato, d’altronde quella riservatezza che poteva appellarsi necessità di prudenza dirimpetto al piccolo Piemonte, non sarebbe ammissibile oggi che formammo 1 Ingiusto è il giudizio di Minghetti su Mazzini, espresso nei Miei Ricordi (pp. 125, 126). Che l’opera della Società Nazionale non potesse esser da lui veduta di buon occhio, è più che umano, ma che abbia avversato la costituzione dell’unità, anche sotto la forma monarchica, è assolutamente contrario al vero. E la sola lettera da lui indirizzata al Ricasoli, qui riprodotta, serve a smentir l’accusa, frutto certamente dei preconcetti e delle antipatie che gli uomini politici dell’ Italia superiore nutrirono, ma che certamente non divise il Nostro.