— 481 — Piacemi notare che io ho fede in Garibaldi di un uomo che non sa mentire e del pari che egli ascolti la verità. Come pure noterò che Garibaldi non può avere alcuna avversione a me perchè io non l’ho avversato mai; non mi può portare affetto speciale perchè egli sa che io non lo potrei adulare. Quindi io sono forse l’unico che possa tener linguaggio franco e fermo con Garibaldi. So poi in modo positivo che sente rispetto per me. E il 1° agosto 1862 a C. Bianchi (pag. 99): — Garibaldi, checché si dica, non è per gli effetti morali un uomo de’ comuni; quindi ogni suo tentativo avrebbe grandemente compromesso governo e paese. Perciò doveva premermi eziandio la conservazione del nome, della forza di Garibaldi. Poteva a taluno politicuzzo, anima codarda, parer buono che Garibaldi facesse spreco, getto di sé fino a spingersi in un modo o in un altro. Io al contrario, pensando che Garibaldi era gloria nazionale, volli serbarlo a noi ed impedire che la sua gloria si oscurasse nell’opinione, come dolorosamente è oggi avvenuto per di lui colpa, che solo consiste nell’aver creduto a questa gente. Dicemmo che colla impresa del Messico tramontò la stella diplomatica di Napoleone III: così pure coll’aver trastullato — è il termine adatto — gli uomini politici nostri e non aver compreso la necessità che avevano di veder tolto dal centro della Nazione lo scandalo di reazione e di bri-