— 260 — XXXII. Pregiatissimo Dottor Ricci, Non senza emozione ho letto la lettera di suo figlio a Lei pria che s’imbarcasse per Palermo. Io son lieto di vedere tanta virtù su questa terra cbe si diceva morta, e più lieto ancora io sono di potermi chiamare italiano. Ciò che ora bramo davvero si è che tante forze, di cui ci gloriamo, si ponga modo di ordinarle e dirigerle al pieno riscatto della patria nostra, e in questo non dispero di rivedere in breve ritornata in mano del Re e del suo Governo la prima redine di questo nostro grande rivolgimento. Se i volontari già andati in Sicilia colà restassero, certo è che miglior partito sarà quello che questi, che qua si trovano, vadano a raggiungere gli altri. Prenderemo consiglio dalle circostanze. Intanto raccomando che ci tenghiamo ognora più stretti e compatti di animo e di corpo, onde manovrare secondo gli eventi. Anco qua opero in modo da far capire che alla vigilia di gravi fatti, tempo è che cessino le vanità e le suscettibilità personali, e questi comitati si abbiano a riunire e farne uno solo, mosso da un solo pensiero, e spero che capiranno questa necessità suprema. Suo obbl.mo Ricasoli. Eugenio di Savoia Carignanó al Barone R*' casoli,