— 348 — in quei momenti resi difficilissimi per il dissidio scoppiato tira Cavour e Garibaldi. Acre la lotta sorta tra i due grandi atleti del Risorgimento, maggiormente inasprita dai respettivi seguaci, e per la cessione di Nizza, che aveva reso il Generale straniero in terra italiana. Ma nella discussione della interpellanza da Ricasoli rivolta al Presidente del Consiglio sull’esercito meridionale, che dette occasione alla storica seduta del 18 aprile 1861, nella quale Garibaldi pronunziò eccitate e sconsigliate parole contro l’altro, dopo l’appello di Nino Bixio in nome della concordia e della Patria perchè « nel nome santo d’Iddio si faccia un’ Italia al di sopra de’ partiti», appello che non può non aver toccato il cuore ai due antagonisti, è da constatarsi come il Ricasoli avesse anch’egli incominciato, ascoltatissimo, il suo dire affermando ch’egli parlava in nome di quell’ Italia di cui siamo figli, che è stata redenta in gran parte, della quale i deputati, rappresentanti legittimi e veri, scevri d’ogni umano rispetto, le confidate sorti e gli acquistati diritti, gelosamente custodiranno. Ed il suo ordine del giorno, che in sostanza rivendicava al Governo del Re il diritto all’armamento e alla difesa della patria, riportò 194 voti favorevoli contro 79 contrari, e fu accolto dall«